... e incursioni di Sbronzolo...
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venerdì 12 aprile 2013

"Un filoncino, per piacere" - cap. 2


Letteralmente mi lancia sul letto. Cado su un mucchio di cuscini sparpagliati: alcuni lungo la testata, altri sul bordo del letto altri in centro. Mi ritrovo a cavallo di un cuscino lungo ed alto. Faccio per spostarlo facendo perno su un piede e afferrandone un angolo per sfilarlo da sotto di me.
“Ferma!”
Luca si protende verso il letto, afferrando le caviglie apre e solleva le mie gambe. Nell’operazione il mio sedere scivola sul cuscino e ci si trova in mezzo e lui si piazza lì, a fallo eretto, in ginocchio sul letto, davanti al mio sesso aperto sollevato dal cuscino.
“Ora sei perfetta… come quei vassoi di dolci della pasticceria dove viene voglia di affondare per godersi tutta la crema”
Con un movimento fluido e deciso mi solleva il bacino tirando le caviglie verso l’alto e inclinandosi un po’ in avanti mi infilza con il suo sesso eretto. Un sospiro. Un lungo e profondo sospiro mi esce dalle labbra a sentirmi di nuovo riempita dalla sua possanza.

I colpi ricominciano ritmati e profondi come poco fa, contro la porta. Ad ogni penetrazione il mio corpo sussulta per la posizione leggermente sospesa e i seni ondeggiano. Instabile, mi sento instabile mentre il piacere cresce. Le spinte mi spingono in alto e porto le mani sopra la testa a fermare questo scivolare verso la testata del letto. Affondano tra i cuscini ed arrivano ai tubi del letto di metallo. Mi afferro. Spingo. Contrasto le sue spinte. Stringo i muscoli della vagina e gemo…
“Luca… così… sai… oh…” ogni parola un respiro. Mi si smorzano pensieri incorrenti sulle labbra. Il piacere sale. Chiudo gli occhi e contraggo tutti i muscoli nell’onda del primo intensissimo spasmo di una serie che sembra infinita in questo orgasmo devastante che è arrivato.
Luca si ferma. Mi guarda più intensamente. Gli occhi scuri lanciano lampi mentre studia il mio viso trasognato dal piacere.
Si sfila da me, ancora prepotentemente eretto, piega le mie gambe ad appoggiare i piedi sul letto e si avvicina col viso al mio sesso.
“Sei ancora più bella quando godi…” dice sprofondando il viso tra le labbra della mia figa aperta e umida di eccitazione. La sua lingua, le sue dita, il suo naso… tutto concorre a tormentare ancora il mio sesso eccitato.
“Ti prego… aspetta…” cerco di sottrarmi allontanandomi verso la testata, indietreggiando.
“Non scappare!” le mani scivolano sotto le mie cosce e vanno ad afferrare i fianchi tirandomi di nuovo verso la sua bocca. Oh, la sua bocca… la sua lingua… i giri che sta facendo sul mio clitoride impazzito…
Gemo e faccio sentire il mio piacere senza ritegno. Non ero consapevole della fame che avevo. Fame di piacere.
Allungo le mani verso di lui, per mettergliele sulla testa, per afferrare i suoi capelli e fargli sentire fisicamente che se vuole restare per sempre così io sono d’accordo. E si stacca. Di nuovo, mi lascia lì sospesa. Di nuovo protesto.
Uno sguardo severo mi colpisce.
“Ne vuoi ancora?”
“Ho ancora fame, sì…” mugolo ancora immersa nel piacere torcendo leggermente il corpo per muovere il mio sesso e sentire il brivido che sale.
“Oh, ne avrai, tranquilla… te ne darò abbastanza da farti fare indigestione!”
Sfila il cuscino da sotto di me e mi sposta le gambe, assecondando la mia torsione, appoggiandole entrambe sul letto, una sull’altra. Sono leggermente girata sul fianco destro, busto dritto e gambe girate un po’ piegate verso di me. Prevedo una pecorina nel prossimo futuro… sorrido immaginando come mi solleverà i fianchi e si posizionerà dietro di me. Ma ancora una volta sbaglio la previsione. Appoggia una mano sul lato della natica e tira deciso. Scende su di me e spostando la mano guida il suo sesso nel mio.
Stretta. Così divento stretta. Cala lentamente con tutto il peso del corpo a spingersi dentro di me. Non si ferma finché il suo bacino è appoggiato alla mia natica. Lo sento. Lo sento come non credo di aver mai sentito nessuno.
Spostando il peso sulle mani, appoggiate ai lati delle mie spalle inizia a fare lenti e lunghi movimenti, penetrandomi con intensità, donandomi lunghi affondi di piacere.
Ma l’escursione non è completa, il sorriso sul suo volto non è pieno.
“Ti voglio sentire di più” dice spostando tutto il peso del corpo sulla mano sinistra. Si sfila da me e con agilità e con una forza che non pensavo avesse con la mano libera mi gira e mi fa stendere a pancia sotto. Si posiziona tra le mie gambe e scende su di me, guidando il suo sesso nel mio.
“Aspetta…” sussurro… afferro un cuscino e sollevando il bacino lo infilo sotto la pancia, così da avere il sedere ruotato leggermente indietro.
“Mi fai venire altre voglie così…” dice allargandomi e infilandosi di nuovo nel mio sesso.
“Oh, si, così ti sento… ti sento bene…”
Il movimento torna fluido, continuo, lungo, pesante, fondo, intenso.
Godo di ogni centimetro del suo sesso nel mio, godo del peso del suo corpo sul mio, godo di ogni piccolo bacio piazzato sul mio collo che scatena brividi lungo la schiena. Si piega su di me, arriva con le labbra al mio orecchio…
“So che non vorresti… ma farò lo stesso quello che sto per fare…”
Persa nel piacere non realizzo cosa intende, ma sento una mano che si insinua tra di noi, che scivola ad accarezzare la sua asta quando si sfila per caricarsi di umori, che va decisa verso il mio buchino e ci gioca…
“No…” protesto debolmente “non voglio… no… non…” mentre il suo dito mi viola nel profondo, mentre rotea dentro di me, mentre si sfila e si reinfila, mentre inizio a provare brividi di piacere…
“No… per favore…” mentre al dito se ne aggiunge un secondo, e lui continua imperterrito a penetrarmi con entrambi al ritmo con cui mi scopa, lento e profondo.
Mi giro piano, lo guardo. “No…” sospiro e lui affonda. Gemo.
Si sfila da me. Rinuncia, penso, ha capito… sbaglio ancora.
Mi afferra per i fianchi e mi fa mettere sulle ginocchia, allarga le chiappe con entrambe le mani e scende con la lingua a tormentarmi il buchino.
“No!” dico con decisione sollevando il busto e girandomi. Ma calcolo male la sua forza. Mi afferra i polsi e usando anche il suo peso mi fa piegare di nuovo sul letto, infila una mano sotto un cuscino e ne tira fuori una corda con cui con una velocità e una maestria che mi fanno pensare che lo faccia spesso mi lega i polsi alla struttura del letto. Protesto e mi agito, ma non ottengo nulla.
“Non voglio che lo fai! Non voglio lì! Non mi piace!”
“Non è l’impressione che mi hai dato… i tuoi gemiti sono aumentati quando ho violato il tuo buco. Hai goduto di più. E hai protestato quando mi sono sfilato…”
“No… non è così…” mi sento indifesa in questa posizione: io legata e appiattita sul letto, lui in ginocchio dietro di me. Ancora con quella potente erezione in atto. Eccitata dalla situazione. Eccitata perché lui ha ragione, ma non posso e non voglio ammetterlo con me stessa.
Mi solleva. Sono di nuovo in ginocchio, lontana dalla testata quanto basta da non poter usare le braccia tese e non potermi appoggiare sui gomiti.
Non posso nemmeno girarmi…
Sento chiaramente la pressione delle sue dita sul mio fiorellino. Sento il pollice scivolare dentro… sento la lingua inumidire il contorno, la rosellina… sento le dita lavorare i muscoli…
Due dita… due pollici a spingere dolcemente e lentamente. La rosellina che piano cede. Un dito che entra ed esce a simulare la penetrazione.
Oddio… ho paura… e sono eccitata…
Sento la pressione aumentare e di nuovo cerco di protestare con un flebile “per piacere…”
“Sssssshhhhhh”
La pressione aumenta ancora per poi fermarsi di colpo. Sento come un dolore acuto seguito da un leggero piacere e una pressione strana.
“Il più è fatto… la punta è dentro… ora respira… e stai tranquilla, non ho alcuna intenzione di farti male… anzi” mentre parla muove leggermente il bacino, sento chiaramente la pressione dentro di me che si sposta in tondo, ruota. E spinge…
“… oh… no… no… no…” non riesco, non so se è una questione di dolore o di mente, non riesco… ho un nodo in gola e vorrei scappare. Ma lui mi tiene saldamente i fianchi aumentando la pressione. Scivola dentro di me. Il dolore aumenta. Non è certo piacevole.
Mugolo, mi lamento… “… no…” il mio lamento è debole, poco convinto. Ho capito ormai che non ha intenzione di smettere anche se io non voglio. Aveva detto di volermi scopare “in tutti i modi che ti vengono in mente, e in alcuni che non osi nemmeno immaginare…” ecco. Io questo non l’avevo certo contemplato. “… noooo…” mi lamento piano.
“sssshhhhhhhh… fai la brava…”
Ormai il suo sesso è infilato in me fino in fondo e si è fermato.
“Vedi? Lo vedi che ce la fai? È tutto dentro…”
Ho le lacrime agli occhi.
Piano inizia a muoversi. Io continuo a mugolare il mio dolore e il mio disappunto… e lui continua a muoversi e a blandirmi.
Allunga una mano sotto di me, a cercare il clitoride. Lo tormenta piano. Lo strofina e lo stropiccia, certo che quel piacere che è convinto di darmi andrà a coprire il dolore che sento dietro. Non è così, ovviamente. Non è così…
Si sfila di colpo. Sospiro e gemo. Improvvisamente privata del dolore. Improvvisamente privata della scomodità.
Ma non faccio in tempo a rallegrarmi. Si sposta, mi afferra le caviglie e mi allunga le gambe. Cado di piatto sul letto e un attimo dopo è di nuovo su di me, dentro di me, il suo sesso nel mio culo. A spingere. A farsi strada. A farsi largo.
Un gemito più forte di protesta.
“Buona…”
Perdo il senso del tempo, perdo il senso del dolore. Non provo piacere, non è bello, non è una sensazione piacevole. Mi lamento e gemo e lui continua a blandirmi…
“ssssssshhhhh… buona…”
Lacrime mi rigano le guance. Il viso è girato sul letto, tra i cuscini. Le sue labbra sul mio collo e sul mio orecchio a baciare e sussurrare.
“fai la brava… ssshhhh”
Poi l’intensità aumenta, le spinte aumentano, la velocità aumenta.
Il suo respiro si fa più intenso più veloce. Deduco che sta per arrivare all’orgasmo, ma non posso vedere il suo viso…
“… oooh…”
Non sento altro. È venuto in silenzio. Dentro di me. Dietro di me. Di nascosto da me. Nel mio culo.
“Brava…” mi soffia nell’orecchio baciandomi. Tutto il peso del suo corpo sul mio.
Si sfila, mi scioglie i polsi, si alza, mi copre con il lenzuolo e va in bagno.
Resto lì. Provata. Sfinita. Con un leggero dolore dietro. Con le guance rigate dal pianto. Vuota. Incredibilmente vuota. Stranamente vuota. Vuota in un modo che non potevo immaginare potesse esistere… vuota…
Con l’inspiegabile desiderio che quel vuoto venga colmato di nuovo. Magari non subito subito, ma che succeda.
Porto una mano dietro. Alla rotondità del mio culo. No, non ho coraggio di toccare, di capire, di rendermi conto di com’è adesso la mia rosellina. Non ne ho il coraggio.
Lui ricompare al mio fianco, si lascia cadere sul letto. Mi guarda, sorride.
“Non è stato così tremendo, vero?”
FANCULO vorrei urlargli. Ma non lo faccio.
Lo guardo. Mi alzo piano, con cautela. Ho paura di avere dolori. Le lacrime si sono fermate. Ma il corpo, il cuore, l’anima sono feriti.
Esco dalla camera. Torno alla porta d’ingresso. Indosso i miei vestiti e me ne vado.
Lo sento chiamare dalla porta, ma non rispondo. Finché non ho chiuso alle mie spalle il portone d’ingresso non mi fermo e non respiro nemmeno. Non aveva realizzato che me stavo andando via.
Si sporge alla finestra.
“Aspetta Carla, aspettami!”
Non mi fermo. Me ne torno a casa. Devo pensarci su…
Vuota. Inspiegabilmente. Vuota.

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