... e incursioni di Sbronzolo...
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venerdì 14 dicembre 2012

La Isla - parte seconda

Gli shorts femminili nel mondo sono una moda estiva, a Cuba diventano arte. Normalmente in jeans, talmente attillati da apparire cuciti a pelle. Di ogni misura: extra large, modello culo che fa provincia; small, per culetti a cui manca solo la parola tanto sembrano vivi e mobili...

Clima, mentalità, comodità...qualunque sia il motivo, è l'indumento preferito dalle ragazze. Le note del reggaeton ne immortalano l'effetto sui maschi: verrebbe davvero da ululare come lupi alla luna al guardare certi culetti inguainati sovrastare cosce ambrate, libere e scoperte al sole.

Dopo le prime settimane di trambusto per trovare sistemazione e lavoro, ho cominciato ad appassionarmi alla vita sociale, alle donne più che altro. Cuba è matriarcale. Non per volontà o orgoglio: per necessità. Gli uomini, soprattutto nel sottobosco di famiglie numerose e disagiate, sono inaffidabili. Troppo intenti a correre appresso a calentico più o meno giovani, persi nell'alcool o, ancor peggio, in iniziative di nessuna utilità e futuro. Temprate matrone reggono le redini di famiglie in cui, di passaggio, transitano uomini di varia e dubbia capacità.

Donne di carne e sangue: ammaliano, irretiscono, affascinano sia lo sprovveduto turista che il maschio che desiderano. Quando una cubana vuole: prende. Dalla timida commessa alla zorra più spregiudicata, sanno perfettamente come far cadere un uomo. Liberamente e senza troppi scrupoli né di costume né di mentalità.

Come lo so? Sono caduto addosso a Celia.

Celia ci porta frutta e verdura dalla fattoria che gestisce assieme al marito. Poco fuori città, verso Santa Marta. Arriva ogni due giorni circa con il suo carico di papaya, banane, mango, fagioli e scarica quanto ci serve.
Lei, tutto lei fa. Sessanta chili scarsi di forza nervosa e un sorriso genuino. Solo quando parla del marito si imbroncia ed impreca. Per il resto, sempre vista sorridente...
L'aiuto nel portare la merce alla piccola dispensa del paladar, pochi viaggi e le provviste sono a posto:

"Bevi una papaya con me?", sono le nove di mattina, altro non scenderebbe per la gola.
"Devo fare ancora tutto il giro di consegne, ma un po' di fruta bomba la bevo volentieri con te, sfigato italiano".
"Perché sfigato?", iniziando a frullare il frutto per estrarne il succo energetico...un po' di ghiaccio...
"Ma proprio alla Isla dovevi finire?! A lavare piatti per quel cabron di Giorgio...tu sei tutto matto amico mio...", lucida del primo sudore mattutino con i capelli raccolti e quegli occhi di pece che mi guardano dall'alto dell'ampia canotta che rivela il reggiseno. Poggiati i gomiti al tavolo, agguanta una cannuccia in attesa del bicchiere che le sto preparando...
"Ahahahah sarà solo un breve periodo, ho dei progetti..."
"Ahhh se avessi un dollaro per ogni volta che ho sentito quella frase, sarei ricca e vivrei in Marina Hemingway invece che spaccarmi braccia e mani nei campi...."

Come o meglio della caffeina, la papaya sveglia e toglie ogni torpore. Il livello dei bicchieri scende lento e, delle consegne, Celia non pare sentire così urgenza. Siamo soli e il discorso butta al sesso:

"Uno come te, chissà quanti calentico avrà appresso...", succhiando la cannuccia con malizioso vezzo
"Ma che dici, ho occhi solo per te Celia..", una frase buttata lì, null'altro.
"Avresti dovuto vedermi quando ero giovane: c'era la fila di ragazzi che mi volevano in fidanzata...."
"Sei splendida...in canottiera...peccato il reggiseno", lo sguardo di Celia cambia e si accende. E' un'immagine vivida ancora impressa nella mia memoria. Un semplice complimento, una pretesa maliziosa e il desiderio che le guizza negli occhi.

Compie pochi gesti e finisco la papaya guardandole il seno al vento, succhiare la cannuccia per terminare il bicchiere. In ciabatte e hot pants.
Le tette morbide e piene, i capezzoli sporgenti e ritti. Abbandona il corpo alla spalliera della seggiola, passandosi l'unghia sul bottone dei pantaloncini, un piccolo tocco ed è slacciato. L'orlo azzurro delle mutandine è offerta di ben altri succhi.
Flessuosa si alza e si siede allargando le cosce sulle mie...percepisco l'odore del suo corpo e del suo alito di papaya...mi ondeggia sull'inguine e con la mano carezza i miei pettorali sotto la maglietta...

Da spettatore a attore è un istante! La mia lingua avvinta alla sua nel bacio, le nostre labbra che si rincorrono e si schiacciano. Con i denti preme lieve il mio labbro inferiore e la mano arrotonda la cappella della stoffa dei miei bermuda. Avvampa l'irresistibile urgenza di togliere ogni tessuto per avere il contatto delle nostre carni. Mi slaccio e, sollevandola, mi abbasso ogni cosa, libero il mio cazzo immediatamente stretto nel ruvido abbraccio della mano. Le tolgo la seconda pelle degli shorts, strappo quasi l'azzurro delle mutandine per avere la piena visione della sua fica. Un nido di peli la copre lasciando spuntare solo labbra morbide e gonfie. Un lago di calda voglia accoglie il mio dito. Con la mano irrigo il morbido tappetino di peli e fili trasparenti luccicano al sole sotto la tettoia. Arretra e siede al tavolo con le gambe aperte orgogliosa di farsi ammirare e lieta di vedermi arrapato, pronto a fotterla.

"Fammi sentire se scopi come un cubano...la papaya è buona, la pinga è meglio. Quiero jugo de pinga..."
Appoggio l'uccello al vello, ne colgo la morbida carezza sulla cappella gonfia e lucida. Celia mi afferra i glutei e con energia mi attira a sé. In un'unica mossa penetro nel ventre. Mi trattiene in fondo, sciolto nell'abbraccio della fica. Le agguanto ruvido un seno, lo stringo in mano e mi guarda con aria di erotica sfida. Irrigidisco le anche per dare ulteriore forza al mio uccello in lei. L'attiro sul bordo per averla tutta spalancata sulle mie cosce. Raccolgo la provocazione: i movimenti, iniziati lenti e profondi, aumentano di velocità e la sua bocca schiusa rivela anche di efficacia. L'espressione del suo volto incita la furia dei miei lombi: vuole essere sbattuta. Io voglio solo accontentarla...

Le gambe del tavolo scricchiolano rumorose dell'assalto alla fica di Celia e competono con i nostri gemiti. Le lingue agganciate nel bacio. “Scopami, riempimi di pinga sfigato italiano”. Ancora provoca! Cazzo, ora basta! Persa ogni cognizione del tempo, mi punto sulle sue chiappe e senza sosta, con il corpo lucido di sudore, muovo il cazzo senza sosta. Voglio...deve urlare di piacere...unghie mi artigliano la schiena, le sue. Braccia mi afferrano il collo e mi stringono alla sua bocca, le sue. L'urlo silenzioso mi trafigge in gola, il suo. Cosce rigide stringono i miei fianchi e li avvincono, le sue. Singulti di piacere esplodono e la sua bocca arida va in cerca d'aria per riempire polmoni....

Vengo tra labbra gonfie e pulsanti del suo orgasmo. Erutto fiotti di caldo seme nel corpo accogliente e soddisfatto di Celia...

Molle e lento abbandono cosce liquide e ricche di me...la guardo ancora a cosce aperte riprendere il controllo di sé. Il fiato è grosso, la mente annebbiata dal piacere, uno strano rumore giunge alle mie orecchie: clap clap clap....

Yailin è lì, appoggiata allo stipite della porta, non so da quanto. Mi guarda indifeso, l'erezione che va sgonfiandosi, cerco di coprirmi con la mano in un rigurgito di ironico pudore. Non smette di guardarmi, sono in imbarazzo! Celia, indifferente, appoggiata alle braccia dietro la schiena...
Non scopi come un cubano...non ancora...”. Confuso sul vero senso della frase, cerco i boxer mentre Celia non si muove dalla sua statuaria esibizione. Una voce arriva da Yailin che s'allontana: “Pulite che altrimenti Giorgio s'incazza!”


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