... e incursioni di Sbronzolo...
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lunedì 10 dicembre 2012

La Isla

Cullato dal lento movimento dell'amaca e rinfrescato dal venticello pomeridiano, lascio i pensieri fluire liberi...

Il destino ironico e beffardo ha sconvolto la mia vita: rivoltata come un calzino. In bene o in male? Troppo presto per esprimere sentenze. Troppo rilassato ora per subirne le ansie.

Compagno fedele, professionista rampante, cittadino responsabile ed informato...ho mollato tutto. Oddio, non proprio mollato: lei mi ha lasciato con concrete e giuste recriminazioni, il lavoro mi è franato sotto i piedi e la responsabilità civica l'ho sepolta in giardino. L'informazione poi, nemmeno so che giorno della settima è oggi!


Il lento e annoiato rumore delle cicale è unica musica del mio tornare agli eventi che mi hanno portato ad ondeggiare sotto queste palme......

"Cazzo Franco! Ci sei, sei sul pezzo!? Dobbiamo raggiungere il budget, ne va della classifica, degli incentivi, del nostro ruolo in azienda", il mio capo. Classico animale dotato di un agonismo secondo solo alla capacità di sacrificio. Ogni atomo della sua vita è lavoro. Per carità, è una scelta. Sua, non mia. Ecco il nodo gordiano: vuole impormi la sua scelta da sempre, da quando collaboriamo. Ci prova lui, resisto io, in quello che è il nostro gioco di "tiro alla fune". Un buon capo, ma afflitto dal peccato originale di considerare unicamente la sua visione.

"Cazzo Franco! Dovevamo andare con i miei al mare! Come sempre devo scusarmi per te, inventare scuse per giustificare la tua assenza! So che è per lavoro, ma non si può andare avanti così! Anzi, visto che ci sei, stattene pure a casa! E' finita! Hai capito: FINITA! Non ti aspetto più e questo week end mi faccio aiutare a portare via le mie cose!", la mia compagna. Bella donna, abile amante e amorevole amica....già: sino a ieri. Colpa mia, colpa sua...non so. Finita: dopo cinque anni, è finita. Al telefono. Tra un briefing con un cliente e una conference con la direzione:finita. La parola finita ha rimbombato nella mia testa per giorni. Ogni tentativo di riconciliazione vano...succede.

"Cazzo Franco! Hai pagato le tasse l'anno scorso? E' arrivata una busta verde con scritto pignoramento...ipoteca...che cosa hai combinato!? Cos'hai in testa figliolo, se hai bisogno di una mano, sono qua. Però devi dirmi tutto e darmi retta: che non posso toglierti dai guai a vita! Hai 30 anni, dovresti avere un po' di sale in zucca per evitare casini", mio padre. Carino e comprensivo come sempre. Tutto d'un pezzo, integerrimo uomo di legge e ordine. Chi non ha genitori nella Benemerita non può capire. Carabiniere nell'animo, prima che nel corpo...io, suo figlio, mai alla sua altezza. Qualunque impegno ci mettessi per accontentarlo, lui, geneticamente anaffettivo.

"Cazzo Franco! La smetti di succhiare come un'idrovora!? Spendi troppo! Sei ancora sotto e qua mi fanno il culo se continuo ad autorizzare le tue spese. Se vai avanti così, sarò costretto a bloccarti la carta di credito e il bancomat. Mi ordineranno di chiuderti il conto e dovrai rientrare! Idiota!", il mio miglior amico, che ha avuto la fortuna (a detta di mio padre) di trovare un impiego in banca...Lui, il mio amico, trafitto dalla gastrite, non è così persuaso d'esserlo.

"Cazzo Franco... mi dispiace..., stiamo ristrutturando il ramo d'azienda: la direzione sposta il marketing presso la sede centrale per razionalizzare le campagne...i costi... Non temere, hai un ufficio che ti attende, stesso ruolo e stessa organizzazione...a Belluno. Il tuo capo invece resta quale unico presidio del territorio...vedrai che sarà un trasferimento proficuo per la carriera", il direttore. Certo, passare dal mare di Lecce a Belluno, è senz'altro proficuo...non so in quale galassia sia proficuo ma, se lo dice il direttore...


Restare in piedi dopo la sfilza dei "Cazzo Franco!" non è stato facile. Li ho accontentati tutti.


L'ultima spesa: un biglietto di sola andata per Cuba (sistemato l'amico), tolto le mie cose dall'appartamento (sistemata la ex), dimesso dal lavoro (sistemato capo e direttore) e salutato mio padre regalandogli ulteriore prova del suo convincimento nei miei riguardi.

Tre mesi fa, tutto è successo tre mesi fa. Pare ieri!

Giunto all'Habana con una riserva d'ossigeno buona solo per qualche mese - leggasi soldi - ho cercato di entrare nel mondo del lavoro legato al turismo.

Non mi trovate in pista da ballo a corteggiare ragazze, non abbracciato a qualche bancone arreso al rum e nemmeno nel patio del Nacional. Sono al lavandino del paladar "Italico" a Miramar della Ciudad de l'Habana. Un piccolo locale con pochi coperti, ancor meno piatti e tanta caraibica allegria, che cerca di galleggiare nella molteplice offerta culinaria della Isla...

Giorgio, il titolare, è Italiano expat. Non ho ancora capito bene perché non possa tornare in Italia: sembra ci sia chi ancora lo sta cercando e non per un semplice benvenuto. Diciamo che è riparato sull'isola per evitare di fare conti con la giustizia. Più o meno vago il motivo e più o meno ininfluente sotto il sole dei Caraibi.

Inizialmente mi sono spacciato come abile cuoco. La sua indulgenza e la mia capacità culinaria ha fatto sì che non mi pigliasse a calci in culo e mi lasciasse svolgere la preziosa opera di cameriere e lavapiatti.

E' andata così, va così.

Ricomincio da zero nell'unico paese al mondo che ha più problemi e contraddizioni di me. Annega i problemi nel rum e stordisce le contraddizioni nel reggaeton. Siamo fatti l'uno per l'altro io e la Isla! L'ho scoperto leggendo un libro: "La trilogia maledetta dell'Avana". Me ne sono innamorato leggendone in un libro! Com'è l'Habana? Un'attempata nobildonna afflitta dall'artrite, un po' zoppa, con mille e mille rughe che le segnano il volto, lo sguardo vacuo rivolto ad un passato fulgido. Una donna che indossa i migliori pizzi, merletti e gioielli per scendere dalla collina al Malecon e guardare l'oceano con umana e fiera dignità. Sfidando il suo nemico, invisibile e concreto, odiato ed invidiato: Miami. Una distanza d'acqua tra due mondi tanto lontani quanto rivolti l'uno all'altro...

"Hola! Franco, apriamo stasera o andiamo per locali a bere e a scopare qualche chica...", Giorgio. Tranquilli, è molto più capace e responsabile del suo parlare. E' una frase catartica: ogni sera si apre e per locali non si è mai andati. Ballare, bere e scopare sono attività che non richiedono particolari luoghi o strutture a chi turista non è.

"Hola! Franco, stasera vedi di aiutarmi e non ronzare attorno alle cubane accompagnate dai turisti...che gli yuma s'incazzano e non tornano...". Yailin, l'amica di Giorgio. Un viso e uno sguardo innocenti e limpidi, con un corpo che starebbe bene in qualsiasi film porno. Nessun legame li stringe. Si prendono e danno quando la carne reclama. Nell'apparente normalità di un rapporto paritario e libero.

Tranne quella volta:

Rumore di piatti dalla cucina, fragore che disorientò me e i pochi avventori. Urla femminili incomprensibili in cubano stretto e veloce. Il fulmine Yailin attraversò la sala, strappò il piccolo grembiule ed uscì furibonda. A pochi passi Giorgio che cercava di farla ragionare, di spiegare e...missione impossibile. Da quel poco che ho capito di Yailin e dei cubani in genere, se sono incazzati, diventano sordi. Solo sfogati i fumi dell'ira, possono tornare ad ascoltare e ragionare.

Infatti, pochi istanti e Giorgio rientrò mesto e solo. Rifiutò la mia offerta di aiuto e mi cacciò in cucina a rimettere ordine. Seppi dopo, davanti ad un buon bicchiere, che Giorgio si era scopato la sorella di Yailin. Tra tutte le donne della Isla proprio la sorella...beh, pensai, ne aveva di motivi Yailin per incazzarsi. Tenni il commento per me, volevo conservare l'unico lavoro conquistato.

Scendo dall'amaca e, infradito ai piedi, aiuto Giorgio a sollevare la saracinesca del paladar. Yailin fa la spola dalla vettura per scaricare le "provviste" necessarie a preparare le pietanze per i clienti. Il cielo è terso, la giornata è stata caldissima: questa sera avremo un buon afflusso di clienti. Questa è la speranza di Giorgio e mia. Se il paladar non decolla, saremo costretti a trovarci un lavoro vero o tornare sui nostri passi...in Italia. Per entrambi saprebbe troppo di fallimento per essere un'opzione accettabile...


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