Il
destino ironico e beffardo ha sconvolto la mia vita: rivoltata come
un calzino. In bene o in male? Troppo presto per esprimere sentenze.
Troppo rilassato ora per subirne le ansie.
Compagno
fedele, professionista rampante, cittadino responsabile ed
informato...ho mollato tutto. Oddio, non proprio mollato: lei mi ha
lasciato con concrete e giuste recriminazioni, il lavoro mi è
franato sotto i piedi e la responsabilità civica l'ho sepolta in
giardino. L'informazione poi, nemmeno so che giorno della settima è
oggi!
Il
lento e annoiato rumore delle cicale è unica musica del mio tornare
agli eventi che mi hanno portato ad ondeggiare sotto queste
palme......
"Cazzo
Franco! Ci sei, sei sul pezzo!? Dobbiamo raggiungere il budget, ne va
della classifica, degli incentivi, del nostro ruolo in azienda",
il mio capo. Classico animale dotato di un agonismo secondo solo alla
capacità di sacrificio. Ogni atomo della sua vita è lavoro. Per
carità, è una scelta. Sua, non mia. Ecco il nodo gordiano: vuole
impormi la sua scelta da sempre, da quando collaboriamo. Ci prova
lui, resisto io, in quello che è il nostro gioco di "tiro alla
fune". Un buon capo, ma afflitto dal peccato originale di
considerare unicamente la sua visione.
"Cazzo
Franco! Dovevamo andare con i miei al mare! Come sempre devo scusarmi
per te, inventare scuse per giustificare la tua assenza! So che è
per lavoro, ma non si può andare avanti così! Anzi, visto che ci
sei, stattene pure a casa! E' finita! Hai capito: FINITA! Non ti
aspetto più e questo week end mi faccio aiutare a portare via le mie
cose!", la mia compagna. Bella donna, abile amante e amorevole
amica....già: sino a ieri. Colpa mia, colpa sua...non so. Finita:
dopo cinque anni, è finita. Al telefono. Tra un briefing con un
cliente e una conference con la direzione:finita. La parola finita ha
rimbombato nella mia testa per giorni. Ogni tentativo di
riconciliazione vano...succede.
"Cazzo
Franco! Hai pagato le tasse l'anno scorso? E' arrivata una busta
verde con scritto pignoramento...ipoteca...che cosa hai combinato!?
Cos'hai in testa figliolo, se hai bisogno di una mano, sono qua. Però
devi dirmi tutto e darmi retta: che non posso toglierti dai guai a
vita! Hai 30 anni, dovresti avere un po' di sale in zucca per evitare
casini", mio padre. Carino e comprensivo come sempre. Tutto d'un
pezzo, integerrimo uomo di legge e ordine. Chi non ha genitori nella
Benemerita non può capire. Carabiniere nell'animo, prima che nel
corpo...io, suo figlio, mai alla sua altezza. Qualunque impegno ci
mettessi per accontentarlo, lui, geneticamente anaffettivo.
"Cazzo
Franco! La smetti di succhiare come un'idrovora!? Spendi troppo! Sei
ancora sotto e qua mi fanno il culo se continuo ad autorizzare le tue
spese. Se vai avanti così, sarò costretto a bloccarti la carta di
credito e il bancomat. Mi ordineranno di chiuderti il conto e dovrai
rientrare! Idiota!", il mio miglior amico, che ha avuto la
fortuna (a detta di mio padre) di trovare un impiego in banca...Lui,
il mio amico, trafitto dalla gastrite, non è così persuaso
d'esserlo.
"Cazzo
Franco... mi dispiace..., stiamo ristrutturando il ramo d'azienda: la
direzione sposta il marketing presso la sede centrale per
razionalizzare le campagne...i costi... Non temere, hai un ufficio
che ti attende, stesso ruolo e stessa organizzazione...a Belluno. Il
tuo capo invece resta quale unico presidio del territorio...vedrai
che sarà un trasferimento proficuo per la carriera", il
direttore. Certo, passare dal mare di Lecce a Belluno, è senz'altro
proficuo...non so in quale galassia sia proficuo ma, se lo dice il
direttore...
Restare
in piedi dopo la sfilza dei "Cazzo Franco!" non è stato
facile. Li ho accontentati tutti.
L'ultima
spesa: un biglietto di sola andata per Cuba (sistemato l'amico),
tolto le mie cose dall'appartamento (sistemata la ex), dimesso dal
lavoro (sistemato capo e direttore) e salutato mio padre regalandogli
ulteriore prova del suo convincimento nei miei riguardi.
Tre
mesi fa, tutto è successo tre mesi fa. Pare ieri!
Giunto
all'Habana con una riserva d'ossigeno buona solo per qualche mese -
leggasi soldi - ho cercato di entrare nel mondo del lavoro legato al
turismo.
Non
mi trovate in pista da ballo a corteggiare ragazze, non abbracciato a
qualche bancone arreso al rum e nemmeno nel patio del Nacional. Sono
al lavandino del paladar "Italico" a Miramar della Ciudad
de l'Habana. Un piccolo locale con pochi coperti, ancor meno piatti e
tanta caraibica allegria, che cerca di galleggiare nella molteplice
offerta culinaria della Isla...
Giorgio,
il titolare, è Italiano expat. Non ho ancora capito bene perché non
possa tornare in Italia: sembra ci sia chi ancora lo sta cercando e
non per un semplice benvenuto. Diciamo che è riparato sull'isola per
evitare di fare conti con la giustizia. Più o meno vago il motivo e
più o meno ininfluente sotto il sole dei Caraibi.
Inizialmente
mi sono spacciato come abile cuoco. La sua indulgenza e la mia
capacità culinaria ha fatto sì che non mi pigliasse a calci in culo
e mi lasciasse svolgere la preziosa opera di cameriere e lavapiatti.
E'
andata così, va così.
Ricomincio
da zero nell'unico paese al mondo che ha più problemi e
contraddizioni di me. Annega i problemi nel rum e stordisce le
contraddizioni nel reggaeton. Siamo fatti l'uno per l'altro
io e la Isla! L'ho scoperto leggendo un libro: "La trilogia
maledetta dell'Avana". Me ne sono innamorato leggendone in un
libro! Com'è l'Habana?
Un'attempata
nobildonna afflitta dall'artrite, un po' zoppa, con mille e mille
rughe che le segnano il volto, lo sguardo vacuo rivolto ad un passato
fulgido. Una donna che indossa i migliori pizzi, merletti e gioielli
per scendere dalla collina al Malecon e guardare l'oceano con umana e
fiera dignità. Sfidando il suo nemico, invisibile e concreto, odiato
ed invidiato: Miami. Una distanza d'acqua tra due mondi tanto lontani
quanto rivolti l'uno all'altro...
"Hola!
Franco, apriamo stasera o andiamo per locali a bere e a scopare
qualche chica...", Giorgio. Tranquilli, è molto più capace e
responsabile del suo parlare. E' una frase catartica: ogni sera si
apre e per locali non si è mai andati. Ballare, bere e scopare sono
attività che non richiedono particolari luoghi o strutture a chi
turista non è.
"Hola!
Franco, stasera vedi di aiutarmi e non ronzare attorno alle cubane
accompagnate dai turisti...che gli yuma s'incazzano e non
tornano...". Yailin, l'amica di Giorgio. Un viso e uno sguardo
innocenti e limpidi, con un corpo che starebbe bene in qualsiasi film
porno. Nessun legame li stringe. Si prendono e danno quando la carne
reclama. Nell'apparente normalità di un rapporto paritario e libero.
Tranne
quella volta:
Rumore
di piatti dalla cucina, fragore che disorientò me e i pochi
avventori. Urla femminili incomprensibili in cubano stretto e veloce.
Il fulmine Yailin attraversò la sala, strappò il piccolo grembiule
ed uscì furibonda. A pochi passi Giorgio che cercava di farla
ragionare, di spiegare e...missione impossibile. Da quel poco che ho
capito di Yailin e dei cubani in genere, se sono incazzati, diventano
sordi. Solo sfogati i fumi dell'ira, possono tornare ad ascoltare e
ragionare.
Infatti,
pochi istanti e Giorgio rientrò mesto e solo. Rifiutò la mia
offerta di aiuto e mi cacciò in cucina a rimettere ordine. Seppi
dopo, davanti ad un buon bicchiere, che Giorgio si era scopato la
sorella di Yailin. Tra tutte le donne della Isla proprio la
sorella...beh, pensai, ne aveva di motivi Yailin per incazzarsi.
Tenni il commento per me, volevo conservare l'unico lavoro
conquistato.
Scendo
dall'amaca e, infradito ai piedi, aiuto Giorgio a sollevare la
saracinesca del paladar. Yailin fa la spola dalla vettura per
scaricare le "provviste" necessarie a preparare le pietanze
per i clienti. Il cielo è terso, la giornata è stata caldissima:
questa sera avremo un buon afflusso di clienti. Questa è la speranza
di Giorgio e mia. Se il paladar non decolla, saremo costretti a
trovarci un lavoro vero o tornare sui nostri passi...in Italia. Per
entrambi saprebbe troppo di fallimento per essere un'opzione
accettabile...
Mi piace la tua Isla, Sbronzolo... muchissimo!!!
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