... e incursioni di Sbronzolo...
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martedì 14 maggio 2013

"Un filoncino, per piacere" - cap. 3



E’ passata più di una settimana…
Ho ancora i pensieri molto confusi,  ma … mi manca il mio filoncino quotidiano. Ho rinunciato fino ad ora, ma … ma che diavolo! Perché devo rinunciare a qualcosa di mio per quello che è successo!
Prima di entrare in panificio guardo dalla vetrina. Luca è al banco dei dolci, a quello del pane c’è Claudia. Ok, ce la posso fare ad evitarlo.
Entro e senza guardarmi in giro mi dirigo da Claudia, certa di riuscire a sbrigarmela in fretta.
“Oh, Carla, finalmente! Che fine avevi fatto? Sarà una settimana che non ti si vede! Stavi male?”
“Si, non sono stata bene… mi dai un filoncino per piacere?”
“Immaginavo… sarà lo stress… ma c’è qualcuno che si occupava di te? Sei sempre sola? Potevi chiamare, facevo venire Luca a portarti il pane… vero Luca che andavi da Carla a portarle il pane???”
“Molto volentieri ci andavo!” e dicendolo mi guarda dritto negli occhi a volermi trafiggere… come se l’avessi tradito. Io? Io tradito lui?
“Devo andare, sono in ritardo…”

Afferro il sacchetto che Claudia mi porge e mi avvio alla cassa. Due persone davanti, devo anche aspettare. Ho il cuore che batte all’impazzata. Devo uscire da qui, allontanarmi da quello sguardo.
“Ti devi riprendere, qui c’è un krapfen al cioccolato… e voglio rivederti, dobbiamo spiegarci… perché sei scappata?”
Il suo fiato sul mio collo. Parole sospirate nel mio orecchio. Un brivido che corre veloce lungo la mia schiena fino alle mie viscere, fino al mio sesso, fino al mio culo… tutti i muscoli si contraggono per un istante e sono perduta.
Respiro a fondo. Chiudo gli occhi.
“Non voglio rivederti. Avevo detto di no. Non mi hai rispettato. Lasciami in pace” la voce poco più di un sussurro. Parole dette alla nuca della signora davanti a me. Lui al mio fianco che legge le mie labbra. E le brama.
“Ti voglio…”
“Lasciami in pace!”
E’ il mio turno. Sorrido, pago ed esco quasi di corsa. Con il sacchetto col krapfen in mano.
La nebbia affolla la mia mente. Pensavo che questi dieci giorni fossero sufficienti per superare il turbine emotivo che stava facendomi impazzire. Invece…
Apro il sacchettino e guardo il krapfen. Un bigliettino accanto: “Ti voglio. Chiamami. 34x-2x55xx8 Luca”
Osservo ipnotizzata la scrittura pulita e i numeri ben disegnati.
Infine mi scuoto dal torpore, appallottolo il biglietto e lo getto.
Ma il problema non è risolto… domattina lui sarà ancora lì. E io non intendo rinunciare al mio pane.
Come tutte le mattine mi alzo presto per andare a correre. Chiudo la porta, scendo le scale, apro il portone e… me lo trovo davanti.
“Ora non mi puoi ignorare!”
“Cosa fai qui? Chi ti ha detto dove abito?”
“Claudia, ovvio. Le ho detto che ti portavo delle paste. Era l’unico modo per parlarti. Avresti continuato a starmi lontana, vero?”
“Vattene, lasciami in pace. Non voglio avere nulla a che fare con te!”
“Oh, non è vero…” dicendo questo mi spinge di nuovo dentro l’atrio, contro una parete. Con una mano mi blocca e con l’altra scende tra le mie gambe.
“Si sente attraverso i pantaloncini che sei bagnata… io ti eccito. E non negare che ti è piaciuto quello che ti ho fatto… perché sei scappata?”
“Lasciami andare, stronzo! Ti avevo detto di no! Mi hai violentata!”
L’insulto, la frase intera, l’han colpito come un pugno. Come? Non si aspettava un attacco diretto?
“No… tu sapevi che ti volevo… te l’avevo detto… e non hai disdegnato quando ho iniziato…” lo dice allontanandosi piano da me. Quel tanto che basta da lasciarmi lo spazio per far partire la sberla più forte che ho nel mio braccio.
“No! – dico contemporaneamente allo schiocco – C’è una bella differenza tra desiderare e violentare… Quando ho detto no tu ti dovevi fermare, rispettare il mio limite, il mio desiderio! Non prendere quello che ti andava di prendere! Cosa ti fa credere che se si prova un po’ di piacere con un dito allora sarà lo stesso con altro? Eh?” sono arrabbiata all’inverosimile. Con una forza che non conosco sto aggredendo quest’uomo per fargli capire quanto è sbagliato quello che ha fatto. Due occhi increduli mi stanno osservando. La sua mano sulla guancia, il colpo è stato forte… ma ne sto caricando un altro, per sottolineare nuovamente la mia posizione.
Mi ferma la mano a mezz’aria. Preparo l’altra. Ferma anche quella.
Mi preme contro la parete con il bacino e tiene le mani ferme ben in alto sopra la mia testa.
“Lasciami!” sibilo.
“Non la senti? Dillo… non ci credo. Quest’attrazione violenta e intensa che ci spinge insieme… non la senti?” la sua voce si alza piano, stavamo mantenendo il controllo, ma ora il sangue sta fluendo a entrambi…
“Lasciami!” dico con un tono più forte.
Di tutta risposta il suo bacino preme ancor più forte sul mio. Il suo sesso eretto preme contro la mia pancia… Ho brividi che corrono lungo la schiena. Sento distintamente il mio sesso farsi liquido. Sento il sangue scorrere più veloce. Il respiro si accorcia.
“Dillo… dillo che non la senti questa attrazione animale… dillo…” le sue labbra a pochi centimetri dalle mie, a sussurrare alla mia bocca queste parole… a instillarle al mio corpo…
Respiro con la bocca aperta. I miei occhi nei suoi. Distesa sulla parete, bloccata dal suo corpo.
“Dillo che non mi vuoi…”
Non riesco ad articolare una sillaba. Il mio corpo lo desidera. Fortemente. Lo chiama. In ogni fibra. In ogni anfratto. Ogni anfratto…
“Io…” non riesco ad andare oltre. Non posso. Io la sento. Forte, potente, insaziabile attrazione animale. Non ho mai provato nulla di simile prima. Mai un’emozione così intensa come ora. Mai il mio corpo ha perso completamente il controllo come ora, protendendo in una sola direzione: la sua. Mai come ora il mio cervello ha perso ogni direzione…
“Io… ti voglio” riesco appena a finire la frase che le sue labbra si attaccano alle mie e inizia una danza frenetica delle lingue mentre le mani scendono a esplorare nuovamente il mio corpo, a conoscerlo, lì, nell’atrio…
Non andremo a correre stamattina.

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