Halloween
“Allora? Sei pronta per la seratona?”
Che tristezza… sono giorni che le amiche pianificano
quest’uscita. L’occasione d’oro per fare una serata lontano dalla famiglia, dai
figli, dai mariti… Ma io non condivido questo peso, quindi a me cosa cambia? Mi
ritrovo a dover supportare loro.
Così è tutto organizzato. Un locale dove mangiare prima e
ballare dopo. Dove la musica sarà uno schifo e ci sarà gente di cui non mi
interessa nulla.
“Ma non potremmo fare un’altra volta?” chiedo senza farmi
troppe illusioni, terrorizzata che mi chiedano anche di vestirmi da strega,
magari.
“No, si fa domani. E’ tutto organizzato e vedi di non
deluderci!”
Sottotesto: vestiti da figa che devi attirare i maschi al
nostro tavolo che siamo in vena di folleggiare…. Wow, mi si prospetta una gran
serata! Uffa!
Per evitarmi la fuga hanno anche organizzato il mio
prelevamento. “Alle 8 siamo da te!”
Si presentano… oddio… vestite nei modi più improbabili,
nelle loro versioni da strega soft “che ufficialmente non sono vestita in maschera”:
calze con le zucche, magliette aderenti (anche chi magari non se lo può
permettere), improbabile rossetto nero (per copiare me che lo uso d’abitudine),
trucco nero pesante (sempre per copiare il mio smokey… peccato che il mio la
maggior parte delle volte sia vero, cioè trucco sfatto dopo una notte di
gozzoviglie…).
Ovviamente ho fatto come desideravano: mi sono vestita
sexy. Unica single del gruppo. Unica abituata ad attirare gli uomini per farsi
offrire da bere e non dover pagare la consumazione obbligatoria. Unica che può
sul serio permettersi di folleggiare. Unica che non ne ha per niente voglia.
Arriviamo al posto prescelto. Orrore! E’ come mi
aspettavo: decorato con zucche, ragnatele, calderoni, ragni… i camerieri
portano in testa cerchietti con zucche, fantasmi e altre amenità.
Gli avventori…. beh, gli avventori… calerei un velo
pietoso, ma l’unico velo che vedo stasera è quello delle ragnatele finte. Ce
n’è per tutti i gusti: adolescenti brufolosi vestiti da streghe, stregoni,
zombie, zucche, scheletri, che pensano di passare una serata da grandi, e
adulti un po’ passée (attorno alla cinquantina abbondante) che pensano che
festeggiando Halloween si sentiranno più giovani, gli uomini vestiti da strega
o da cameriera sexy, qualche donna un po’ troppo svestita… tutti comunque senza
alcun ritegno. Insomma ce n’è veramente di tutti i tipi.
Tra le chiacchiere sui figli malati e con le cose più
innominabili, le questioni della scuola, qualche lamentela sul lavoro o sui
mariti la prima parte della serata con birra e grigliata passa in modo
abbastanza sopportabile. Ormai sono vaccinata contro questo genere di discorsi
e le lascio andare a ruota libera. Di tanto in tanto mi interpellano, mi
chiedono di raccontare le mie serate da single, ma sono cosa mia, io non
racconto. Come potrei d’altronde? Sarebbe rigirare il coltello nella piaga.
Loro infelici senza più una vita, nemmeno una vita sessuale, ed io che esco a
sere alterne e che se mi capita per le mani qualche bell’ometto piacente
approfitto di lui. No, no posso raccontare. Così accenno e poi glisso cambiando
argomento.
Il posto si riempie. I tavoli vengono sparecchiati. Si
prepara la pista da ballo. Pista da ballo, poi è una parola grossa… diciamo che
si allestisce lo spazio per muoversi un po’.
Le ragazze sono in fibrillazione, un paio di loro è da
carnevale dell’anno scorso che non mette piede in discoteca (e questa nemmeno è
una discoteca…) e quindi non vede l’ora che si alzi il volume e che si
abbassino le luci. Mi hanno anche già dato indicazioni riguardo a quale
gruppetto di uomini dovrei fare in modo che si avvicini… figuriamoci! Metà di
quelli è a dir poco stratosferica e per quanto io abbia normalmente successo
non credo proprio che questi, una volta vista la mia compagnia, accetti di
passare la serata con noi.
Certo, farò quello che posso per far passare una bella
serata alle mie amiche, glielo devo, dato che mi sono state vicine nei momenti
difficili, ma nemmeno io riesco a fare miracoli!
Vado a ballare. Mi muovo, ondeggio. Faccio quello che
faccio sempre per attirare l’attenzione: sono naturale. E ho successo, come
sempre. Si avvicina la prima preda. Moro, alto, mascella forte… sembra
straniero, pelle scura, abbronzata… “Sei qui da sola?” dice al mio orecchio.
“Dimmi quale delle mie amiche ti piace” rispondo, tanto
avevo visto come ci guardava prima, e sapevo anche che in realtà non era me che
puntava. E’ che loro ce l’hanno scritto in faccia che sono impegnate,
inavvicinabili, intoccabili. Non come me. Chi mi guarda legge l’esatto opposto,
per questo sono io l’esca designata.
Sistemato il primo, si fa strada il secondo… anche questo
moro, ma un’aria un po’ femminile, curatissimo e con le sopracciglia perfette…
“Lui non ti piaceva e l’hai scaricato a un’amica?”
Originale… piazzato anche lui. E così via. Un biondo, un
altro moro, un brizzolato…
Stasera non sono particolarmente in vena, ma già lo
sapevo. Continuo a ballare, solo per il gusto di farlo. Le amiche, ognuna con
uno o due gentiluomini a parlottare o a ballare, sono tutte sistemate e finalmente
mi sento in libera uscita, potrei anche andarmene a casa.
Vado a prendere da bere, sono 2 ore che ballo
ininterrottamente, sono appicicaticcia e assetata. Mi avvicino al banco. Mi
appoggio. Richiamo l’attenzione del barista con un cenno. Mentre apro la bocca
per ordinarmi un Cuba Libre (demodè, lo so, ma mi disseta e mi aiuta a stare
sveglia) un tipo mi mette la mano attorno alla vita e sovrasta la mia voce
dicendo “La signora prende un'acqua tonica … e una anche per me”. Ma chi cavolo
è questo tizio che si permette di toccarmi e di ordinare al posto mio?!?!? Mi
giro verso di lui, spostando con vigore la sua mano “Come diavolo ti
permetti?!?!”
“Il diavolo lo conoscerai stanotte, cara, e voglio che tu
sia sobria per gustarlo meglio”
Cosa…?!?
Mi attira a sé. Mi alza leggermente per far arrivare la
mia bocca all’altezza della sua. E’ forte, io non sono proprio una donna esile,
ho le mie curve voluttuose e per sollevarmi servono muscoli.
Le sue labbra si appoggiano alle mie e con decisione la
sua lingua si fa strada nella mia bocca. Oppongo resistenza e mi dimeno, ma la
mano che aveva libera va ad afferrarmi i capelli e a spingere la testa in su e
verso di lui, a raccogliere e rispondere a quel bacio violento, intrigante,
intenso. I miei occhi spalancati. La bocca serrata il più possibile, i denti
stretti. Le mani sul suo petto a spingere. Nulla. Non posso fare nulla. Sono
bloccata nella sua stretta d’acciaio, penetrata dalla sua lingua prepotente,
impotente nelle sue mani. Ipnotizzata dal suo sguardo di ghiaccio.
“Saprò renderti docile, vedrai…” dice staccandomi da sé e
rimettendomi giù.
Nonappena tocco terra la mia reazione non si fa attendere
e parte una sberla. Che si smorza a pochi centimetri dalla sua guancia, dato
che con un gesto rapido mi ha bloccato il polso.
Sono infuriata come poche volte nella vita. Ho le fiamme
che mi escono dagli occhi. Mi giro di scatto e me ne vado a passi spediti verso
il tavolo, dove due amiche chiedono cosa è successo dato che hanno assistito
alla scena. “Ma chi è? Lo conosci? Però è bello! Ma cosa voleva? Ma ti lascerà
in pace? Lo hai provocato?” e via di domande su domande.
Ho le spalle girate verso il bar. I pugni contratti. Un
nodo allo stomaco. E… e un leggero tepore tra le gambe… inatteso. Non sono
solita a essere trattata con rudezza, tutti mi trattano sempre come se io fossi
un fragile gingillo, un soprammobile delicato che si può rompere…
“Non so chi cavolo fosse e non so come si sia permesso!”
taglio corto con le ragazze.
“Ma hai visto che fisico? Si, ma la cicatrice sul viso è
vera o è parte della maschera?”
“Che maschera?” rispondo come risvegliata dal torpore dei
miei pensieri.
“Beh, è vestito da stregone, non l’hai visto?”
Eh? Stregone? Ok, hanno bevuto troppo! Era in giacca e
cravatta, completo grigio scuro, molto bello, alta sartoria a giudicare dalla qualità della stoffa che ho stropicciato tra le mani per allontanarlo. In
effetti, del tutto fuori luogo in questo locale.
All’improvviso, mentre continuano a commentare la scena
entrambe alzano lo sguardo alle mie spalle sgranando gli occhi. Non serve che
io mi giri. Ho capito. Lui è lì.
“Vieni con me!”. Non è una richiesta la sua, è un ordine.
E si è sentito benissimo, senza che alzasse la voce.
“Alzati e seguimi. Vieni con me, ho detto!” Il tono un po’
più alto ora.
Mi alzo, inspiro a fondo, raddrizzo la schiena e mi giro a
fronteggiarlo guardandolo negli occhi.
“Non ho motivo di farlo. E non ne ho nemmeno voglia.”
Rispondo senza alzare la voce, convinta della mia assertività e della mia
fisicità.
Il suo sguardo mi fulmina. La voce diventa ghiaccio
tagliente: “Lo ripeto per l’ultima volta. Vieni con me!”
Per tutta risposta torno a girarmi e mi siedo di fronte
alle mie amiche. Sono paralizzate. Terrorizzate. Non ne vedo il motivo. E’ solo
un uomo, solo un altro importuno. Ma il loro sguardo non è su di me. Si muove e
capisco che l’oggetto delle loro attenzioni sta per comparire al mio fianco.
“Tu ora sei mia. Non puoi certo opporti. Ti ho scelta. E
non ho alcuna intenzione di lasciarti fare quello che vuoi!” Una mano forte mi
afferra per il braccio e mi alza di peso.
“La sua giacca?” chiede alle amiche senza staccare gli
occhi dai miei. Loro pronte e servizievoli si alzano e gliela porgono, insieme
alla borsetta. Con la mano libera afferra tutto e mi trascina via. Le sue dita
strette sul mio braccio, il mio corpo che si muove rifiutando la presa e
rifiutando di spostarsi.
“Lasciami. Mi fai male. Mi lascerai i segni. Non ho
intenzione di venire con te!”
“Sono ben altri i segni che ti lascerò, vedrai.”
Mi sembra di essere stata catapultata in quel ridicolo
Harmony in tre volumi per mogli insoddisfatte di cui tutti hanno tanto parlato…
Dominazione… non fa per me.
“Mollami. Non sono interessata. Lasciami andare”
Ma niente, mi sta trascinando fuori dal locale, senza curarsi
di quello che gli dico o degli strattoni che do. La stretta al mio braccio è
salda, il suo passo sicuro e ho l’impressione di non avere scampo.
All’uscita del locale mi molla il braccio, allarga il mio
giaccone e me lo porge affinché io lo indossi. “Non ho intenzione di venire con
te da nessuna parte.” Dico strappandogli il giaccone dalle mani. Mi vesto in
fretta, afferro la borsetta e mi incammino verso un gruppetto di ragazzi un po’
più in là, sperando che almeno uno abbia la compiacenza di accompagnarmi a
casa.
“Ciao! La mia amica mi ha impiantata qui scappando con uno
zombie, non è che uno di voi mi darebbe un passaggio?” chiedo con il mio più
grande sorriso.
“Non provateci nemmeno! Lei viene con me”
Il mio persecutore mi ha raggiunta, di nuovo afferrata per
il braccio e si è imposto su quei ragazzi più giovani di lui in un attimo e con
sicurezza.
“Lasciami stare” sibilo tra i denti “Non voglio venire con
te!”
Ma mentre finisco la frase già vengo sospinta più avanti,
verso il parcheggio, lontano dal gruppetto di ragazzi.
“Dovresti aver capito che non ho intenzione di lasciarti
andare e ma di portarti con me. E’ inutile che guardi indietro, inutile che ti
dimeni, inutile qualsiasi tua opposizione. Sei mia e basta. Ora sali.”
Siamo arrivati accanto a una macchina, un BMW scuro,
grande. Mi ha aperto lo sportello del passeggero e sta lì, aspetta che io
salga.
“Sei un prepotente e un presuntuoso. Cosa ti fa credere
che io salga remissivamente sulla tua auto. Nemmeno so chi sei.” Ho sempre
avuto faccia tosta e audacia, ho un brutto carattere e mi riesce di
fronteggiare anche il più stronzo degli uomini, e questo forse è il peggiore
che ho incontrato finora…
Sospira … “Con uno qualsiasi di quei ragazzini eri pronta
ad andarci subito, però.” Dice con voce bassa e tranquilla. “Evidentemente
peschi sempre tra i ragazzi giovani, ti piace la carne fresca… Beh, anche a me.
Infatti ho scelto te. Ho scelto di donarti una notte di emozioni intense, di
ricoprirti di attenzioni, di saziare la tua fame, di placare la tua sete, di
soddisfare i tuoi bisogni, di donarti la tranquillità. Ora sali, sta iniziando
a fare freddo.”
Ipnotizzata dal suo discorso, resto appesa ad ogni parola.
Come in trance mi piego e salgo in macchina.
“Brava la mia cucciola…” si china su di me, estrae una cosa dalla tasca
della giacca e me la mette al collo. “Così va meglio, ora sei mia”. La mia mano
va alla gola. Un collarino. Poco più di un nastro, con delle borchiette, forse
degli strass. Apro il parasole e mi guardo nello specchietto. Sì, un collare
nero con gli strass. E mi sta anche bene.
wow
RispondiEliminama come.... l'hai già letto?!?!?
Eliminanon ho nemmeno potuto aggiungere una nota...
non dovevo????
Eliminasorry....
So bene che è una vaga imitazione, un tentativo malriuscito di provare a scrivere come in quell'Harmony in 3 volumi...
RispondiEliminaLo so che non è proprio nelle mie corde, ma mi piaceva provare...
un collare di strass? sarai sua.... per sempre....
RispondiEliminaIo ADORO gli strasssssss
Eliminasa intuire quell'uomo...
EliminaAdoro i tuoi racconti...mi fanno sentire viva e mi fanno sognare, eccitare...sei grande... sunshine
RispondiEliminaGrazie Sunshine!
EliminaE benvenuta! E se i miei racconti ti fanno sentire così, vuol dire che sei come me... e allora sei ancora di più la benvenuta.