Che strana cosa l'affinità d'anime... com'è che si diceva?
Affinità elettive.
Le sensazioni restano appiccicate addosso come l'umidità nei
giorni bigi.
Il tempo ha un valore relativo mentre il pensiero torna ai momenti
trascorsi insieme. Insieme a lui. All'amico di penna.
Che strana cosa l'affinità d'anime...
I primi giorni sono quasi di silenzio: la mente ha bisogno di
sedimentare e allineare, non vuole lasciare che l'istinto o la pancia decidano
come archiviare l'accaduto, che lo mettano tra i ricordi speciali da guardare
con nostalgia o con rimpianto. E' sicuramente un bel ricordo, ma va assimilato
con distacco, va digerito, va archiviato. E' una cosa speciale, un momento
magico. Ma è necessario dargli la giusta dimensione, non ingigantirlo, non
idealizzarlo, non sognarlo languidamente.
Le settimane scorrono. Le mail affluiscono, le chat continuano.
Ogni tanto qualche allusione...
"Ho letto l'ultimo post... e io lo so che tu sei veramente
così... :)"
L'amicizia è ormai un'amicizia. Serena, calda, intensa,
consolatoria e complice.
E' inevitabile. Il web dà questo meraviglioso beneficio di
anonimato e distanza. E' facile aprirsi, rivelarsi, lasciarsi andare.
Chat
"Devo dirti una cosa..."
"Dimmi"
"... vengo di nuovo in trasferta..."
"EVVAI!!! riusciamo a vederci?"
"Speravo dicessi così... :D"
E non so che genere di pomeriggio sarà.
Non so cosa voglio da questo pomeriggio. Non so cosa vuole lui. La confidenza
ormai è cresciuta ancora di più, ci raccontiamo cose intime, private, i nostri
problemi e i nostri pensieri. Sono mesi che ci scriviamo, che chattiamo, che ci
telefoniamo…
Con la confidenza è cresciuta
l’amicizia. Ma c’è sul fondo il ricordo di quel bacio… fugace, improvviso,
inatteso, non pianificato…
E quel pensiero fa venire strane
congetture, illazioni, voglie, prospettive… anticipazioni su questo prossimo
incontro.
Sono indecisa su come organizzare il
pomeriggio, se organizzarlo, se prevedere una visita alla città, un museo o una
merenda pic-nic in un parco cittadino… o se farlo venire a casa mia, e in
questo caso indecisa se preparare un pomeriggio tranquillo a fare chiacchiere
sul divano o se aspettarmi altro… Difficile, difficile, difficile…
Tesa, eccitata, nervosa… così mi sento
al pensiero che sta per arrivare.
“Pronto?”
“Sono uscito ora dall’autostrada… dove
ti vengo a prendere per andare a casa tua?”
oddio… ha deciso lui… casa mia…
respira…
“Troviamoci in piazza XY, dovresti
arrivarci tra circa 40 minuti… Sarò lì”
“Ok… mi verrebbe da chiederti come ti
riconosco… ma io so già come sei fatta… ah ah ah ah … sai… a dire il vero sono
emozionato quanto l’altra volta….”
“Anch’io… te l’assicuro… Non vedo l’ora
di vederti”
“Già… pure io… a dopo!”
“A dopo”
Non sto nella pelle, sono così
emozionata che mi gira la testa.
Mi organizzo e mi incammino. All’orario
stabilito sono in piazza e aspetto. E lui arriva.
Dietro al parabrezza della macchina vedo
un sorriso luminoso e due occhi lucenti. E’ contento.
Si ferma a fianco a me. Salgo. Gli
lancio un sorriso e sbaciucchio le guance.
“Vai dritto. Poi gira la terza a
sinistra.”
Né ciao, né altro. Non serve.
Ho il cuore che batte all’impazzata.
Sto stringendo i pugni e cerco di resistere e mantenere un contegno. L’unico
suono nell’abitacolo è la mia voce che scandisce le indicazioni.
Arriviamo, parcheggia, scendiamo, apro
il portone, chiamo l’ascensore.
Silenzio.
Entriamo. Premo il sesto piano. Le
porte si chiudono. Gli occhi negli occhi. Ardenti. Bramosi.
In un attimo le bocche si incontrano,
le mani esplorano i corpi, avide, curiose, mani curiose e audaci, mani calde,
mani piccole, mani inevitabili, mani insaziabili. La voglia che cresce e si
amplifica, il calore nell’ascensore che aumenta, la frenesia che attanaglia e
muove.
Si aprono le porte, i corpi sono un
groviglio. La chiave compare, apre. La porta si spalanca e si richiude. La
borsa cade. Le scarpe spariscono. I bottoni si slacciano. La cintura si
allenta.
I vestiti cadono, uno a uno, si
sfilano, si strappano, volano.
Corpi premuti, schiacciati, spremuti,
esplorati, assaggiati.
La frenesia si è ormai impossessata di
noi e non riusciamo a resistere, a contenerci.
I baci voraci ci distruggono e non ci
saziano. Le bocche vogliono di più. Le lingue vogliono di più. I corpi vogliono
di più.
Ti stacchi un attimo, guardi in giro,
guardi me.
Ansimo e faccio un cenno con la testa.
“La camera è là” è questo che significa
il mio cenno. Ed è quello che volevi sapere.
Mi lasci e mi prendi per mano, mi
trascini… La camera è là…. La camera è là…
La
camera……. Siamo in camera…
ma non può mica finire così... siete in camera, e poi??????
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